Immerso nel verde della Laga teramana a 1.024 metri di altitudine sul bordo di un pianoro coltivato, isolato sopra un crinale che risale fino al Bosco Martese, sorge l’ angusto abitato di Riano. Sicuramente sopra un’altura del paese dominava l’ antico castello scomparso di Rocca Santa Maria che oggi dà il nome al Comune. Riano è un minuscolo paesino che gode di uno spettacolare panorama sulla sottostante Valle del Tordino, con le casine addossate, serrate a schiera che fanno da muraglia ai gelidi venti del nord. Quasi completamente distrutto e dato alle fiamme dal Commissario Zunica nel 1668 per via del feroce brigantaggio che qui si annidava : Marco Sciarra, Santuccio da Frocia, Titta Colranieri, Bernardino Carpente, Paolo e Bernardino Zilli, sono solo alcuni dei terribili banditi che in varie epoche storiche hanno trovato rifugio in questo sperduto borgo. Ricostruito più volte ha ancora interessanti portali in pietra arenaria che ornano le storiche piccole abitazioni ricostruite con materiali più antichi, come si può notare da pietre scolpite con antichissimi fregi incastrate su alcune pareti esterne. Quasi disabitato durante tutto l’ anno, torna a rivivere d’ estate per via di alcuni residenti che trascorrono qui le loro ferie. Dai loro racconti si evince l’antica vita di questo villaggio che in passato era completamente autosufficiente: c’era un emporio commerciale, una piccola scuola, una fiaschetteria/osteria che vendeva anche sapone, un’ abile calzolaio con una vasta clientela in tutto il comprensorio. I quieti vecchietti seduti sulle panchine sono molto allegri e cordiali, sorprendenti nel narrare gli episodi più originali e tragici che hanno segnato la vita solitamente tediosa, monotona nella routine di tutti i giorni. Tra queste storie spicca quella di un gigante locale, un certo Sabatino Peracotta e del suo fedele cane “Cipolla” , chiamato così per via di un curioso ciuffo di peli che spuntava sulla sommità della sua fronte. Sabatino era un personaggio caratteristico del paese, dall’ indole combattiva e sociale  si dava da fare in tutti i modi per aiutare i concittadini. Si addossava anche l’ ingrato compito di seppellire i morti: con le sue forti braccia si caricava il cadavere sulle spalle, immediatamente seguito dal corteo funebre e dopo un’ impegnativo percorso lo depositava nella fossa comune all’ interno dell’antica pieve di San Michele Arcangelo poco distante dal paese. Sabatino Peracotta era anche coraggioso ed impavido e, quando nei dintorni di Riano si aggirava un feroce lupo, nemico dei pastori e delle greggi, si improvvisava anche “Luparo”. Tale mestiere, oggi estinto, era necessario nelle zone montane dove la pastorizia era l’attività primaria di sussistenza delle popolazioni indigene. Sabatino nel tempo era diventato un’ abile ed esperto cacciatore di lupi ed un giorno ebbe la fortuna di catturare un’ enorme esemplare che aveva fatto stragi negli ovili, quindi odiato da tutti. Lo eviscero’ per poi impagliarlo, gli mise una grossa arancia in bocca e lo portò in spalla per le vie del suo paese e quelle dei villaggi vicini chiedendo la questua porta a porta  com’era consuetudine, seguito da un corteo di bambini affascinati ed incuriositi dalla straordinarietà dell’ evento. Avvinazzato, felice come una Pasqua, colmo di doni e con le tasche piene di monete, Sabatino salì le scale della sua caratteristica abitazione al centro del borgo e aprì il portone annunciando, come era abituato,  il suo rientro con un sonoro :” Uuuuhhh” ! Il cane “Cipolla”, che dormiva sonnolento sulla calda cenere dell’ enorme camino si alzò di colpo in una nuvola di fuliggine polverosa, annusò l’ aria fredda che entrava dalla porta appena aperta e d’ istinto percepì immediatamente l’ odore del lupo. Guaii ferocemente e con un balzo sfondò la finestra della cucina gettandosi in una fuga precipitosa verso la campagna. Lo ritrovarono nascosto in un fienile dopo una settimana ancora tremante dalla paura.

Vittorio Camacci