La speranza è merce rara, preziosa e non si compra a buon mercato, anzi non si può comprare ma si deve conquistare. Per questo motivo dobbiamo partire dalla cruda realtà: siamo stanchi, siamo sfiniti, siamo immalinconiti da otto anni di attese inutili. Ci curviamo sulla prospettiva mesta di una vita senza gioia, quasi solitaria, senza amici e parenti che ormai non sopportiamo più, ma che sono tutto quello che abbiamo in tutto questo disastro che ha creato il terremoto. Ci curviamo su orti e campi di patate che bisogna innaffiare ripetutamente perché non piove quasi mai. Rituali che facciamo senza convinzione, senza speranza perché il cambiamento climatico ci sembra irreversibile. Cediamo così alla rassegnazione che sta facendo di noi un popolo inerte, larvale, apatico fino all’ indifferenza, immobilizzato da otto anni di privazioni, di assuefazione, credulone ed al tempo stesso scettico, sentimentale e cinico, furbo per non sentirsi stupido e stupido perché troppo furbo, pronto a bersi qualsiasi cosa ad infiammarsi brevemente per qualsiasi decreto, prono a ogni obbedienza ma incapace di credere e, dunque, di combattere. Ci troviamo, invece, ad un passo dalla resa, ad un solo metro di un legittimo sconforto, convinti che quel poco che è stato fatto, non lo si è fatto per noi ma per far arricchire i “soliti” noti. Ci passano davanti agli occhi i torti di una vita intera, primordiale, cieca, ignorante e sovrana. Il male esiste, nella sua tremenda banalità, da sempre e ci promette attraverso i nostri governanti ancora un futuro necessario di fatiche, sudore, lacrime e sangue. Non so voi ma io sono stufo marcio di vivacchiare fino alle prossime promesse false, irrealizzabili. La giustizia sociale è un’utopia, non verrà mai colmato quel vergognoso fossato tra chi paga le tasse e chi non le paga, tra chi prende finanziamenti e risorse e chi deve fare con le sue mani. Ma quale piano di rinascita e resilienza, ma quale società equa e moderna, affrancata dall’ illegalità endemica, ma quale giustizia sociale. Si, una cosa l’ abbiamo imparata in questi otto anni di resistenza, puoi festeggiare con spumante e fuochi d’artificio mentre il tuo prossimo fa la fame, ma nessun uomo si salva da solo. Non aspettatevi dai nostri governanti onestà e sincerità, loro non si spoglieranno mai dell’untosa, complice e noiosa futilità delle loro vite di privilegiati. Sono irresponsabili ed immemori del passato, sono immersi in innumerevoli minuzie, in menzogne di una vita, pieni di cazzate che ci rovesciano addosso, non conoscono l’essenziale, il necessario, il vitale. Nessuno di loro vi racconterà mai dei veri pericoli che corriamo, vi prometteranno sempre improbabili resurrezioni pret-a-porter. Buon futuro amici, buon futuro padri, madri, figli e fratelli… Un futuro che non c’è!

Vittorio Camacci