Nella notte di Natale, il cielo di Betlemme, fu illuminato dall’apparizione della Stella Cometa, tutti rimasero stupiti e si chiedevano cosa fosse e da dove venisse quell’astro tanto luminoso. Alcuni saggi compresero che quella stella annunciava la venuta del Messia, come dicevano le Sacre Scritture, e così si misero in cammino seguendo il suo brillare. La leggenda dice che erano tre: Gaspare della Numidia che portava un calice d’oro; Melchiorre dall’ Egitto con un vaso d’ incenso; Baldassarre che conduceva un’ampolla di preziosa mirra. I doni che essi conducevano al Divino Bambino avevano un valore simbolico: l’oro rappresentava il trono, il potere di quello che sarebbe stato il Re dei Re; l’ incenso era il simbolo del Divino per indicare l’origine Celeste del Bimbo sulla mangiatoia; la mirra incarnava la guarigione dell’Uomo unto alla sua fine nel Santo Sepolcro. Mio nonno sfatava sempre questo racconto, raccontandomi una leggenda tramandatagli da suo nonno, al quale era stata raccontata dal suo. Una storia, insomma, nata tra i nostri monti tanti anni fa, che narrava dell’ esistenza di un quarto Re, il Re delle Api, un re contadino di nome Bantorto che aveva scambiato il miele prodotto dalle sue api ed il frumento raccolto nei suoi campi con tre bellissime perle di mare prima di imbarcarsi con il suo asinello alla volta della Giudea dove in un sogno aveva visto brillare la Stella Cometa. Dopo un lungo viaggio in mare, una volta giunto nelle terre d’oriente, si fermò in un villaggio e cercò una locanda, davanti alla quale trovò steso a terra un povero storpio affamato. Bantorto decise di consegnare una perla all’oste in cambio di vitto e alloggio per il povero storpio, poi ripartì verso Betlemme. Giunto sopra le montagne vide una fanciulla con le mani legate. Era stata rapita dai briganti per essere venduta come schiava. Bantorto prese un’altra perla, ci pagò i briganti per il riscatto e riportò la ragazza al suo paese riconsegnandola alla sua famiglia. Ripreso il suo cammino arrivò in un piccolo borgo dove sentì una madre urlare verso un soldato che con la spada in pugno stava per trafiggere un piccolo innocente. Bantorto prese dalla sacca l’ultima perla, la diede allo sgherro di erode, fermando così la sua mano omicida per poi consegnare il neonato alla mamma piangente. Finalmente Bantorto, dopo tanto vagare, seguendo la Stella, giunse alla grotta di Betlemme, vide i pastori accampati con i greggi fuori dalla grotta illuminata da una luce particolar, sbirciò dentro e vide Giuseppe che vegliava mentre Maria cullava Gesù. Il povero falegname di Nazareth si accorse di lui e lo invitò ad entrare chiedendogli chi fosse. Bantorto titubante teneva la testa bassa, aveva vergogna di dire chi era, gli si inumidivano gli occhi e non riusciva a parlare. Maria, commossa da tanto pudore, gli sorrise dolcemente tanto da indurre Bantorto a mettersi una mano sul cuore ed inginocchiarsi davanti al Sovrano Bambino dicendo: “ Ho venduto il mio miele ed il mio grano, ho comprato tre perle da portarti in dono, ora sono a mani vuote e non posso onorarti” . Maria gli si avvicinò e gli rispose: “hai le mani vuote perché ciò che avevi l’hai donato ai poveri, ai disperati, ai bisognosi, i fratelli di Gesù, quello che tu hai fatto, l’hai fatto in suo nome e per la sua gloria”. Dopo aver detto queste parole mise il Bimbo tra le braccia di Bantorto che fu il primo, dopo Maria e Giuseppe, ad avere l’ onore di avere Nostro Signore sul petto ricevendo così la Grazia per il resto della sua vita.
Vittorio Camacci