“Marite mì!
Che fatica lù vangà?
Mitte quà e leva là…
Lù filà fa tribulà
Te strappa lù core…”
La massaia era colei che come occupazione esclusiva, principale , curava l’andamento della propria casa, acquisendo competenze legate alla parsimonia ed al buon senso. La massaia di montagna era un’ istituzione un elemento imprescindibile nell’ economia d’ altura. Essa collaborava con il capo-famiglia, nella maggior parte dei casi era la moglie oppure la madre o la sorella maggiore non sposata. Era la prima a svegliarsi al mattino per preparare il pane o la colazione per tutti. I contadini erano soliti alzarsi all’ alba, prima che sorgesse il sole, per poi recarsi in campagna a lavorare la terra. La loro primaria occupazione era quella di rendere relativamente fertili gli avari terreni montani. Questo richiedeva molta fatica, si dovevano togliere le pietre che impedivano l’aratura e spianare il più possibile il suolo per assicurare l’ irrigazione e ottenere così un discreto raccolto. Le massaie spesso si univano agli uomini, sentendosi anch’ esse legate alla terra. A quell’epoca esse non avevano nessuna sicurezza sul lavoro e nemmeno informazioni, perché finanziariamente non potevano comprare e giornali e soprattutto non avevano accesso, come gli uomini alle osterie o ai circoli di paese. Erano quindi costrette a tramandarsi le ricette, le cure del corpo, da madre in figlia, da sorella a sorella, da vicina a vicina, contando solo sul pettegolezzo come unica forma di informazione. Esse erano, quindi, costrette a seguire le indicazioni del padrone di casa con cui interagivano in completa subordinazione e con il quale condividevano gli obblighi, ma non il guadagno. Infatti l’amministrazione del denaro spettava principalmente all’ uomo. Spesso esse governavano anche gli animali nelle stalle: le pecore, alcune mucche, una bestia da soma e soprattutto qualche maiale che in inverno veniva ucciso per ottenere strutto, carne e salumi. Le bestie da soma servivano per trasportare il materiale dalla campagna: il fieno, la legna, i frutti della terra ed essa sapeva caricarle e condurle nel caso in cui dovesse soppiantare gli uomini. La sera, il capo-famiglia e la massaia entravano nella stalla, davano da mangiare e bere alle bestie, poi le mungevano e così ricavavano il latte che veniva usato per la caseificazione, per la colazione del mattino e per la preparazione dei dolci. Le massaie accudivano anche il pollaio, nutrendo le e sorvegliandole quando si lasciavano libere nella campagna a beccare nel terreno. Se c’erano uova in abbondanza spesso venivano vendute al mercato o ai negozianti. In quel tempo le abitazioni non erano fornite di acqua corrente, quindi esse dovevano recarsi alle fonti pubbliche, con le conche di rame e dopo averle riempite le sistemavano sopra il capo con una “roccia” (canovaccio arrotolato), per trasportare in casa il prezioso liquido per gli usi quotidiani. Spesso non essendo in possesso di denaro, quando dovevano fare la spesa, non potevano pagare il negoziante, allora questi scriveva l’importo dovuto in un libretto (segnava). Poi il conto veniva saldato quando riuscivano a racimolare qualche soldo ricavato dalla vendita di bestie, di legname o di prodotti della terra. Tra i vari compiti assegnatigli c’era anche quello della cura dell’orto dal quale ricavava le verdure necessarie per la cucina. I primi giorni della settimana si recavano ai lavatoi o ai bordi dei ruscelli e con gran trambusto facevano il bucato. Usavano il sapone fatto in casa con il grasso di maiale, la pece greca e la soda caustica. Questo lavoro era molto faticoso perché l’ acqua fredda intirizziva le mani. Quando la sera gli uomini tornavano dalla campagna essa doveva preparare la cena utilizzando le cose che aveva in dispensa. Minestrone, patate, fagioli e polenta erano i piatti principali. Solo nei giorni di festa si mettevano in tavola pasta e carne. Formaggio e insaccati servivano invece per riempire le “sparrette”, canovacci in tela grossolana annodati, in cui si riponeva la merenda da portare in campagna. Il riposo notturno delle massaie era di sole tre o quattro ore. Cominciava dopo aver sparecchiato, pulito, tessuto al telaio, con la recita sgranata del rosario e finiva con la sveglia prima dell’alba toilettandosi nella camera da letto dove usava un porta-catino e una brocca d’acqua, utile appena per lavarsi mani e viso. Allora, come abbiamo già detto, le case erano prive di acqua corrente ed elettricità. Per la luce si usavano le lampade a petrolio e per l’acqua bisognava attingere dalle fonti pubbliche. Nelle passate epoche era dura la vita delle donne, una vita semplice e modesta che aveva bisogno di solidarietà femminile, scambi di idee, dialogo e soprattutto aveva necessità di rispetto reciproco, serietà e aiuto vicendevole.
Vittorio Camacci