Da Forca Canapine ad Accumoli, lo sguardo si allarga a perdita d’occhio su una terra di pietra calcarea, faggete ed erba sottile. Sassi bianchi punteggiano queste lande di confine dure e spigolose, attraversate nel corso di millenni da pecore e santi, montanari e contadini, pellegrini e viandanti. I laghetti di Accumoli non hanno la forma di un cuore, non hanno alcuna concezione di grazia, qui la civiltà sembra non essere mai esistita, qui ci si è fermati al medioevo. La povertà radicata in questa terra non è solo una condizione sociale ma è una forma di predestinazione. Il senso dell’ingiustizia e della prevaricazione sulla pelle degli allevatori che tentano di ribellarsi ai potentati locali, appartiene a tutti, anche a quelli che sfiniti sono partiti per trovare un lavoro dignitoso altrove, anche a quelli che si sono inventati un mestiere improbabile lungo la vallata del Tronto. Questo si vede, specialmente, nei volti alteri e sofferenti delle donne, che rispecchiano quelli delle antiche Madonne in terracotta custodite nelle pievi tratturali poste agli incroci delle piane fiorite. Quelle stesse pievi dove trovavano riposo dell’anima fedeli e pastori, gendarmi e briganti. Un territorio ferito da tante guerre di sopravvivenza che del dolore non ha mai fatto letteratura. Miracoli si, se ne sono visti tanti, non solo leggende inventate dall’ influente Stato Pontificio, ma concreta alternativa alla passione civile soffocata per secoli dalle oppressioni dei potenti. Una spiritualità fatta di povertà cristiana, fatta di eremiti emuli di Gesù Cristo pronti a vivere di acqua di fonte, erbe, miele selvatico, frutta di bosco e preghiere all’interno di grotte sperdute nelle forre boscose. La stoica attesa di qualcosa che prima o poi arriverà: il Regno dei Cieli? La libertà? L’indipendenza? Il riscatto degli ultimi? Questa è la vera forza degli abitanti di queste terre, che gli permette di sopportare persino i capricci dei potenti che vogliono regalarsi una cattedrale di lussuria nel “wild”. Allora, partiranno tre processioni dai piedi di questo paradiso, come una devozione ai limiti di una coreografia feroce e pagana, con persone avvolte da bandiere e striscioni, come un pellegrinaggio laico compiuto strisciando con le ginocchia sull’erba fresca di primavera. Questo è il vero aspetto della ribellione, una forma di profonda protesta, verissima. Ci sono politici capitolini che si affannano a convincere i deboli e tentano di anestetizzare la protesta ma Roma questa volta non può chiudere gli occhi. Intanto, noi, sospesi tra francescanesimo e anarchia fatichiamo a difendere questo paradiso naturale quando la soluzione è semplice : basta ridimensionarlo riportandolo a misura d’ uomo. Questa volta ci proveremo davvero!
Vittorio Camacci