( Ai nostri tempi il suicidio è un modo di sparire, viene commesso timidamente, silenziosamente, schiacciatamente, non è più un agire, è un patire ! )
In questi giorni di sole sono riuscito a salire, di
nuovo, in sella alla mia bici. Finalmente la strada è libera dalla neve e
dal ghiaccio di quest’ inverno. Intorno a me si apre un mondo fatto di
solitudini spaesate, vuoti incolmabili ed incontri inattesi. In questi 2
anni e mezzo di strada ne ho macinata tanta in mezzo alla distruzione
ed il mio pedalare è la prosecuzione di un percorso fatto di vie nuove e
di parole. Oggi le strade sono quasi deserte, salvo qualche auto, i tir
che trasportano macerie ed innumerevoli polverosi cantieri lungo la
Salaria. Per il resto sembra che tutto sia congelato : ci sono ancora
persone in albergo, molti si sono stabiliti in città definitivamente, il
resto abita le SAE , qualcuno ci sta bene ( quelli accontentati in
tutto ), qualcuno ci sta male ( quelli che non hanno ricevuto nessun
aiuto ). La coscienza comune non esiste più, è sbiadita con l’
isolamento, con gli interessi personali e la non coesione civica,
alimentata dai nostri amministratori che si sono rapportati con lo Stato
solo per i loro personali interessi e quello dei loro parenti.
Percorrere queste strade, fa diventare me stesso ” strada” ; mi indica
un cammino che appare oggi un’ esigenza ineludibile per riallacciare un
rapporto con la mia terra, con chi resiste come me tra queste montagne,
per chi vuol capire, per chi vuole ancora immaginare un futuro. Traumi,
ferite, lacerazioni, non sono mai state curate, ricucite ed a quasi tre
anni di distanza non si vedono ancora cicatrici, quel poco che è stato
aggiustato e rifatto , appare distante da tutto, isolato ed è il simbolo
eloquente che anche in questi casi ci sia collusione politica e
familiare con l’ amministrazione pubblica. Sono poche le persone che
incontro a raccontarmi l’ aria che tira in questi ” falsi” paesi
prefabbricati, fatti di casine color pastello, tutte uguali, addossate
una all’ altra con evidenti errori progettuali; esse si districano tra
la felicità di avere almeno un tetto sulla testa e la delusione di aver
perso il senso di comunità. Anche se ci sono alcune automobili
parcheggiate, questi villaggi sono deserti, con qualche vecchio che
passeggia sotto un timido sole. Non c’ è più aggregazione, perché chi ci
governa ha volutamente discriminato le persone, hai loro ” protetti ”
hanno dato tanto agli altri niente. Addirittura c’è qualcuno che ha la
casa e magari sta in affitto in città , sfinito, stanco di tali
ingiustizie, di rapporti sociali deteriorati, legalità e garanzie che
non ci sono più. Un’ imbarazzante cappa di rassegnazione e stanchezza
grava su queste montagne, non ci sono più forze vive capaci di lottare.
Questo gelido inverno sembra ormai alle spalle ed è arrivato il momento
di ripartire, di creare una riscossa, di cercare un futuro, ma a
guardare la realtà, le macerie ancora presenti sono le uniche tracce di
un passato distrutto che ha lasciato le comunità prive di punti di
riferimento, provate, disilluse. La popolazione è composta maggiormente
da ultrasettantenni e c’è già chi egoisticamente pensa alle prossime
elezioni per garantirsi una poltrona comoda, con vista, su un piccolo
mondo morente.
Vittorio Camacci