Era un giorno come tanti e Francesco osservava una trota nel banco
del pesce della fiera di Trisungo. Sapeva benissimo che non sarebbe mai
finita nella sua padella, troppo caro quel bel pesce fresco per una
famiglia numerosa come la sua. Perché per una famiglia così c’ era
sempre da moltiplicare : pani, pesci e quant’ altro. Certo, le numerose
mani dei suoi ogni giorno si affannavano a cercare legna, fascine, per
non patire il freddo; si arrangiavano in mille lavoretti di campagna per
non far mancare qualcosa nel piatto, poi quando arrivava la sera e con
essa il buio tutti si accomodavano alla bene e meglio in un grande
stanzone mentre i più piccoli, avvolti in un’ unica coperta, venivano
infilati dalla moglie nell’ apertura del forno, ovviamente quando era
ormai spento e senza brace, dove sarebbero stati al calduccio fino al
mattino successivo. A quei tempi, quasi duecento anni fa, era il Papa
che agiva in modo impietoso, sul potere di vita o di morte, di serenità o
tristezza, di gioia o di angoscia, dei destini familiari. Per questo,
in quell’ epoca, egli concesse ai padri di dodici figli, le mogli allora
poco contavano, il “privilegio della franchigia” ed un’ assegno annuo
di 60 scudi, non per ragioni di povertà ma bensì come premio alla
fecondità, per ribadire fermamente che i figli sono innanzitutto un dono
del Cielo. Mentre pensava a tutto questo, Francesco si sentiva un po’
incosciente, in fondo nessuno l’ aveva obbligato a fare tanti figli che
adesso erano un peso duro da sostenere; oltre alle volgarità che doveva
subire dagli amici, come quella che sua moglie fosse sempre in calore.
Lui li ascoltava umiliato ed impotente, quasi tutti i giorni, imparando a
trattenere le lacrime di fronte a queste ridicole offese. L’ unico a
sostenerlo e confortarlo era don Filippo, il parroco, che più volte l’
aveva aiutato materialmente tramite la Confraternita del SS Rosario. Ma
che l’ esortava anche a procreare il dodicesimo figlio; tale azione era
necessaria affinché egli presentasse istanza verso la Congregazione
Governativa per ottenere i “benedetti” 60 scudi, una ” manna ” caduta
dall’ alto per le disastrate finanze della sua casa, pane sicuro per le
sue infinite bocche da sfamare. Diceva bene don Filippo, ma ” parlare
dei tori, non è come essere nell’ arena ” . Lo avrebbe invitato
volentieri nella sua povera casa, dove bisognava stringersi per un posto
a tavola, tra quei bimbi lerci e scalzi, con sua moglie
Veronica indaffarata e stanca che, malgrado avesse 40 anni, sembrava una
vecchina. Il più delle volte c’ era solo pane a tavola, le condizioni
igieniche quasi impossibili, insomma una vita di stenti. Quella sera non
tornò subito a casa, si fermò all’ osteria. Il locale aveva un’ anima
popolare con le pareti sporche e disadorne. Un’ avventore con lo sguardo
sbieco, insospettito lo guardò entrare come si usa con i forestieri.
Francesco notò chiaramente un coltello che sporgeva visibilmente dalla
sua tasca destra. L’ oste, che invece lo conosceva, rimase sorpreso nel
vederlo entrare, uno che aveva tanti figli non aveva soldi da spendere,
nemmanco per un ” chierichetto” o per un ” sospiro “. Il ceffo con il
coltello lo avvicinò subito e cautamente gli chiese se volesse
ospitalità o anche ” compagnia “. Francesco, ormai in preda alla
disperazione, offrì all’ individuo da bere ordinando una ” fojetta ”
all’ oste. Si sedette ad un tavolaccio consunto e traballante con quell’
uomo e stranamente senza remore confessò all’ estraneo le sue pene : ”
Chi dice donna, dice danno … chi dice femmina, dice malanno ! ”
Sospirava : ” ora mi trovo in casa dodici bocche da sfamare,
praticamente in rovina, con una moglie già vecchia, senza più fascino e
sensualità ma testarda e volitiva nel non concedersi più a me. Se non
riesco a fare un’ altro figlio, sono perduto” ! Il suo losco
interlocutore lo ascoltava attentamente poi con un cenno del capo lo
invitò fuori dalla locanda. Qui, mentre calavano le prime ombre della
sera, gli propose uno scellerato patto che, malgrado tutto, poteva
risolvere i problemi di entrambi : ” una delle mie ” donne ” ha avuto da
poco un figlio che è ancora in fasce, lo nasconde sotto la branda
quando riceve un cliente. Quella maledetta si è accorta di essere
incinta quando era già al sesto mese, non potevo chiamare più la ”
mammana “. Pensaci, che me ne faccio io di un ” figlio di buona donna ” ,
per me e l’ insana madre è solo un’ impiccio. Vuoi prenderlo tu ?
Quando poi riceverai i 60 scudi mi ricompenserai “. Ritornò a casa
tremante e affannato, con quel fagottino tra le braccia mentre la moglie
già dormiva. Francesco spostò delicatamente la tenda sporca e lacera,
sollevò la coperta e svegliandola gli mostrò il bimbo che dormiva beato
nelle fasce. ” Ije figlie a me … ije lu figlie mi ” ! Disse Veronica
apparentemente non sorpresa e con un’ ineffabile sorriso. Sembrava aver
capito tutto, consapevole sicuramente che quel frugolino sarebbe stato
l’ unico sostegno alla sua precoce vecchiaia.
Vittorio Camacci