C’ è un posto, lungo la Salaria, dove il tempo si è fermato, la neve
sembra zucchero a velo sui tetti, il fiume Tronto e grandi massi di
arenaria lo stringono in un’ abbraccio, leggero senza attanaglio.
Quintodecimo, frazione di Acquasanta Terme, è stata colpita dal
terremoto del 2016. Nonostante molte famiglie siano state evacuate, non
si è interrotta la classica rassegna dei presepi, giunta alla ventesima
edizione. Sono riuscito a visitarlo, solo dopo l’ Epifania, in uno dei
miei allenamenti , accarezzando i viottoli e le scalinate con i miei
passi leggeri, lo sguardo incantato in un religioso e rispettoso
silenzio. I suggestivi presepi, al cui allestimento partecipano tutti
gli abitanti, vengono collocati presso antichi fondaci, cantine, ex-
stalle, all’ esterno dei pianerottoli, nei giardini, su strutture di
fortuna, persino sotto la pensilina della fermata degli autobus. I
presepi di Quintodecimo mi sono sembrati una trasfigurazione del
pellegrinaggio verso la natività. Per realizzarlo, gli autori, tra cui
le scuole del comprensorio, hanno dato fondo ad un’ amabile fantasia che
trasforma le sagome dei pastori, della Sacra Famiglia, degli animali e
di tutti gli oggetti presenti in accenti votivi animati da una forte e
tremula fede. Nel corso degli anni si sono realizzati presepi sempre
diversi , spesso servendosi di volta in volta di materiali poveri, di
stoffe colorate, di pasta, di sassi di fiume, di bottiglie di plastica
sempre seguendo intensi cammini verso il disegno Celeste, che sembra
sollevare lo sguardo dei suoi creatori ed il mio, in questa semplice ed
immensa fiaba, in una garrula gioia che questo dolcissimo paese ci
mostra come un’ occasione unica per rintracciare e sposare l’ immenso
tema dell’ umiltà. A Quintodecimo ci sono camini ancora accesi che
offrono calore in un’ atmosfera confortante, protettiva, corroborante,
c’ è la luce accesa nelle cucine, una luce giallognola che ti colpisce
il cuore, insieme a voci ed odori di cibo che permettono di affrontare
questo lungo inverno, aria di famiglia e di tradizioni, testimoniate da
questi presepi che si distendono sopra il lungo manto bianco della neve,
costeggiato a volte da piccole luci ed ancora una volta l’ antica
storia si disegna adoperando materiali di eccezionale semplicità,
elementi naturali, estremamente simbolici ed eloquenti, adorni di colori
audaci ed a volte spregiudicati. Il tutto consegna l’ amore per le cose
da nulla, la ricerca di un consenso Celeste fatto di forme in
meravigliata preghiera, immerse nei colori dei cappelli, dei vestiti,
degli accessori che coprono i personaggi intinti in queste inedite
rappresentazioni. Non mancano, nella festosa rassegna anche i presepi
classici , con spizzichi di ovatta a suggerire un’ inutile manto nevoso e
sagome di animali a dare l’ idea di un’ eccezionale libertà creativa.
Tutto conviene in questa passeggiata che è immersa in un’ antico ed
autentico sogno, dove si scorgono mani delicate e sapienti, querule e
divertite, tenacemente innamorate di questi luoghi e di questa leggenda
che è il Natale, travestito di luci, di piccoli lampi, di suggestioni,
di attese. Il paese è un presepe esso stesso, un antico paese che porta
bene i suoi anni, nonostante il terremoto, un paese che alberga nel
cuore di chi lo ama, le cui stradine, scalinate, case in pietra
arenaria, immergono chi le visita in una sostanza umana , in un’
atmosfera di grande poetica sorpresa. Qui assistiamo ad un’ arte che va
oltre ogni etichetta che ci trasporta da un’ immensa ad una lieve
trascendenza a cui affidiamo la nostra visione. Rinfrancato da questa
visita, lento riprendo a correre, leggero verso casa, lungo la vecchia
Salaria, per nulla preoccupato della lunga salita che mi aspetta.
Vittorio Camacci